Curiosità, comportamenti e accomodation della Mongolia

Gher:
Lo stile di vita mongolo è nomadico e profondamente legato a quello degli animali. Nei territori sconfinati e disabitati del Paese, quando all’orizzonte si intravede qualcosa, si tratta quasi sempre di una gher, la tipica tenda mongola di feltro bianco e a pianta circolare, facilmente trasportabile.
Pur essendo improntato a un modo di vita semplice e frugale, l’arredamento è curato e ricco di allegri colori. All’esterno, la struttura è ricoperta con feltro, pelli e altri materiali impermeabili.
La disposizione interna delle persone e delle cose rispetta invece una precisa simbologia, ispirata alle credenze religiose e sciamaniche: il posto dell’ospite d’onore è a nord rispetto alla posizione della porta, che è sempre rivolta verso il sud per usufruire del calore e della luce del sole. Ugualmente in fondo c’è il khoimor, il posto degli anziani e dei beni più importanti, l’altare di famiglia con immagini buddhiste, le foto dei congiunti e le borse da viaggio. Le donne siedono ad est, dove si trovano anche gli utensili della cucina, e gli uomini ad ovest, dove invece sono riposti i fucili. Al centro della gher si trova il toghona, il foro centrale dal quale entra la luce e da cui esce il fumo emesso dalla grande stufa, che da almeno tre millenni ripara i mongoli dalla rigidità dell’inverno siberiano.
Tutto segue dunque un ordine prestabilito e tutti devono entrare, uscire o sedersi secondo determinate regole. In linea di massima bisogna muoversi in senso orario – in omaggio al sole – e fare attenzione a non urtare o calpestare il gradino della soglia (bosgot), perché porterebbe sfortuna.
Abbigliamento:
I mongoli amano molto vestire bene, con abiti riccamente decorati, per compensare il semplice stile di vita nomade. Il clima rigido e la vita complicata implicano un’attenzione particolare anche verso i più piccoli dettagli. Il guardaroba dei nomadi è quindi molto compatto, ma permette diverse varianti utili a diversi scopi.
Il deel, una lunga veste di tessuto, costituisce la base di quasi tutti i vestiti mongoli. Può inoltre essere utilizzato come coperta, tenda e riparo da sguardi indiscreti. Il deel protegge perfettamente da freddo e vento e, se necessario, le sue maniche possono anche venire arrotolate per formare dei guanti. Larghe fasce di tessuto, lunghe anche diversi metri, sono poi utilizzate come busti per proteggere dai continui balzi delle cavalcate, ma sono anche usate come tasche dove riporre coltelli, pietre focaie ed altri accessori.
Esistono un centinaio di tipi diversi di copricapo, che differiscono gli uni dagli altri per forma e finalità. I cappelli più comuni possono essere utilizzati in ogni occasione. In inverno i bordi del cappello possono essere abbassati per proteggere meglio dal freddo. Nelle giornate più calde invece i lati sono arrotolati e legati sul dietro. I cappelli sono dunque molto funzionali, ma sono anche il punto forte del vestiario. Ogni copricapo è riccamente ricamato con ornamenti di seta, velluto, pelliccia e pietre preziose. Lunghe nappe e strisce rosse che svolazzano al vento conferiscono poi un dettaglio molto alla moda. Il cappello serve poi ad indicare lo stato sociale e l’età del suo possessore. E’ consigliato tenere i cappelli in testa quando si entra nelle gher, in quanto l’etichetta proibisce di salutare qualcuno a capo scoperto, se non si vuole mancargli di rispetto.
Gli stivali mongoli, conosciuti come “gutul”, sono ideali per le cavalcate. Sono infatti abbastanza larghi, ma il rialzamento finale aiuta ad evitare di rimanere incastrati con i piedi nelle staffe in caso di caduta. Inoltre gli alti e rigidi stivali proteggono i piedi quando si cammina nell’erba alta o nella neve. Tradizionalmente gli stivali sono indossati assieme a dei calzini di feltro che sbucano leggermente dalle calzature. La parte esposta di solito è ricamata con seta, cuoio e altri ornamenti.
I vestiti tradizionali femminili hanno dei colori molto accesi e sono riccamente decorati. Molto particolare è la tipica acconciatura nei matrimoni, che richiama nell’aspetto le corna delle pecore selvatiche o semplicemente delle ali. Questa usanza è riconducibile ad una leggenda in cui si parlava di una donna simile ad un uccello alato che proteggeva la Terra. Oggi vi è anche una motivazione estetica e l’acconciatura può essere anche sostituita da una parrucca.
Le donne solitamente portano poi i capelli lunghi e per abbellirli utilizzano elaborate spille d’oro e d’argento e fermagli con pietre preziose. Gli abiti femminili devono poi essere sempre abbinati a dei copricapo, laboriosamente ricamati con fili d’oro e argento, coralli e perle. Lunghi orecchini completano il tutto. Un ultimo accessorio utilizzato dalle donne è poi la borsetta, usata per portare profumi ed altri prodotti per la pelle, oltre alle bottigliette snuff bottle (tipiche tabacchiere).
Ospitalità:
L’ospitalità è sempre stata considerata estremamente importante nella cultura mongola. Dal momento che i visitatori in genere percorrono sempre grandi distanze, esistono diversi rituali per mostrare cortesia, specialmente nei confronti degli ospiti. Una delle tradizioni portate avanti sin dal periodo feudale è quella legata alle “snuff bottle” (graziose bottigliette usate come tabacchiere): il rituale prevede che, durante i convenevoli di saluto, ospite e padrone di casa si offrano l’un l’altro le proprie tabacchiere. E’ poi richiesto dall’etichetta che agli ospiti vengano serviti i cibi più raffinati possibile e che la vodka sia sempre abbondante.
Cavalli takhi:
Il takhi è il parente più prossimo, tra quelli attualmente esistenti, del cavallo domestico ed è forse il simbolo più noto ed emblematico dell’originale e variegata fauna della Mongolia. Noto anche come cavallo di Przewalski (dal nome di un esploratore polacco che per primo se ne interessò), il takhi era solito vagabondare per le steppe del Paese in grandi branchi.
Durante il XX° secolo però, la popolazione allo stato brado, a causa dei bracconieri a caccia delle loro carni e dell’impoverimento dei pascoli, subì un forte calo, fino a scomparire praticamente del tutto negli anni ’60. La popolazione si mise allora in azione per riuscire a preservare questa specie ed il suo habitat caratteristico, la steppa. Nel 1977 venne dunque istituita la Fondazione per la Preservazione e la Protezione dei Cavalli Przewalski. In quegli anni erano sopravvissuti all’estinzione solo 300 cavalli.
Nei primi anni ’90, con l’appoggio di gruppi ambientalisti internazionali, fu possibile reintrodurre numerosi capi di takhi in aree protette specificamente designate allo scopo, vale a dire nei 90.000 ettari del Khurstain Nuur e nelle zone a sud del Gobi. Nel 2006 la popolazione complessiva di takhi poteva felicemente contare su ben 2000 capi allo stato brado e riuniti in splendidi branchi.
Ovoo:
Tra le steppe della Mongolia, si trovano spesso dei mucchi a forma di piramide formati da pietre e ossa di animale con, al centro, un palo di legno fasciato da veli azzurri. Sono i cosiddetti “Ovoo”, pile votive caratteristiche della religione sciamanica, posti sulle alture, sui passi montani, lungo le piste più importanti e ai loro crocevia. Secondo le credenze, presso gli Ovoo si riuniscono gli Spiriti della natura. I pastori nomadi invocano la protezione di queste potenze col dono di un sasso, di piccoli oggetti, denaro, sigarette o altro che, gettati nell’Ovoo, contribuiscono alla crescita del monticello che un giorno potrà così arrivare al cielo. Poi, dopo questa offerta, i fedeli devono compiere tre giri completi in senso orario intorno all’Ovoo stesso, in armonia col Nariin, il percorso del Sole.
Le credenze religiose:
Tra le numerose divinità mongole, un ruolo importante lo riveste il dio supremo, Koke Mongke Tengri, l’Eterno Cielo Blu, che è il principio ordinatore dell’Universo. Al di sotto di esso vi è un pantheon di 99 Tengri, spesso associati fra loro: i 4 Tengri dei punti cardinali, i 5 Tengri dei venti, i 7 Tengri del tuono, oltre a Herlig Khan, il Tengri del mondo sotterraneo e della morte. La stessa Madre Terra, Etughen, è popolata da innumerevoli divinità: Natigai (protettrice delle donne, del bestiame e dei raccolti), Umai (la placenta), gli Spiriti delle Montagne e delle Foreste Sacre, gli Spiriti Protettori dei luoghi. Uno altro degli Dei più antichi e importanti è Tsagaan Ebughen tengr (dio vecchio uomo bianco), presente anche nelle danze rituali Tzam.
Oltre al supremo dio celeste, alla Terra Madre e agli altri spiriti minori, si venerano anche laghi, fiumi e sorgenti; addirittura è stato creato il Yassah, ovvero un codice di leggi emanato da Genghis Khan che proibiva di inquinarli, pena la morte.
Anche gli spiriti degli antenati sono venerati: Genghis Khan fu oggetto di culto e gli vennero eretti quattro altari ai quattro angoli del suo impero, unico superstite dei quali è quello degli Ordos, nella Mongolia interna, in territorio cinese.
Nella religiosità mongola sia il Tengri supremo che gli Spiriti Protettori dei luoghi, devono sempre essere ricordati nelle preghiere e omaggiati con offerte, per assicurarsene il favore e scongiurare la loro ira. Anche Genghis Khan, prima di ogni importante battaglia, saliva sulla vetta di una montagna sacra (Burkhan Khaldun), dove si prostrava nove volte in ginocchio facendo abluzioni con l’airag (latte di giumenta fermentato), pregando la divinità suprema.
L’antico mondo sacro, tramandato nei miti e nelle leggende popolari, si è conservato sino ai nostri giorni nello sciamanesimo, anche se dal XVI° secolo in poi si è integrato col buddismo lamaista, dando luogo a forme di sincretismo. Gli sciamani, sia uomini (boo) che donne (idughan), avevano la funzione di stabilire attraverso rituali sacrificali ed estatici, un contatto col mondo degli dei. La preferenza mongola per il lamaismo è sicuramente determinata dalle componenti esoteriche e magiche del lamaismo stesso, che trovò un punto di contatto con lo sciamanesimo e con la figura dello sciamano, visto come stregone, fabbro-mago a cui affidarsi per la risoluzione di problemi di varia natura.
Il culto forse più importante degli sciamani è quello del fuoco; la sua adorazione è simboleggiata da una cerimonia che avviene gli ultimi giorni dell’anno lunare, con l’offerta di un osso di pecora e con la recitazione di speciali invocazioni. Il fuoco presiede inoltre ad altri importanti momenti della vita nomade, come ad esempio alle speciali libagioni durante il solstizio estivo o durante le cerimonie matrimoniali. Non deve essere calpestato, né vi si possono gettare rifiuti di cibo o altro.

Per chi voglia recarsi in Mongolia deve armarsi di un certo spirito di avventura e di disponibilità ad affrontare qualche disagio, adattandosi ad una alimentazione e a un modo di vivere molto lontani dalle proprie abitudini e comodità. In ogni caso, nella capitale ci sono buoni ristoranti, in cui è possibile degustare i più svariati piatti etnici e mongoli. I prezzi sono generalmente contenuti.
Secondo la località in cui ci si trova, si pernotta in campi turistici costituiti da gher (la tipica tenda di feltro mongola, con 3-4 posti letto), oppure ospiti di una famiglia nomade che cede la sua gher per la notte, ma spesso anche in campi autonomi, cioè in tenda. Prima di partire al mattino si pagano alla padrona di casa circa 3-5 USD per persona per pernottamento. E’ inclusa la cena: formaggio, minestra mongola, airak e latte in abbondanza. Se portate con voi dei regali farete cosa gradita perché i nomadi sono lontano da tutto e di conseguenza hanno bisogno di tutto.
Si trovano anche campi turistici a conduzione famigliare, sono meno lussuosi ma comunque economici, in quanto costano infatti 5-15 USD a notte per persona. A Ulaan Baator non è più permesso campeggiare. Campeggiare è totalmente naturale nella mentalità dei mongoli e si può campeggiare ovunque, ma mettersi vicino a una gher vuol dire approfittare della vita dei nomadi, perciò bisognerebbe avere rispetto e allontanarsi. Nella capitale ci sono hotel di varie categorie (anche 45 USD la camera doppia, prezzo del tutto eccessivo per gli standard di qualità), guest house e camere da affittare che permettono l’incontro con le famiglie mongole. Le guest house sono spesso degli appartamenti di 3 locali adibiti a hotel: non vi sono gli hotel occidentali di lusso, ma si trovano sicuramente docce calde, possibilità di cucinare e prezzo modico (5-7 USD a notte per persona.). In alcuni villaggi esistono degli alberghetti a prezzo molto modico e di scarso comfort (2-5 USD per notte per persona).

Qui di seguito, forniamo una selezione di hotel:

Chinggis Khaan Hotel Hoh Tengeriin Street US$ 90-140
Bayangol Hotel Chingis Central Street US$ 72-144
Ulaanbaatar Hotel Baga Toiruu Street US$ 66-132
Flower Hotel Sansar District US$ 71-112
Edelweiss Hotel Embassies District US$ 60-100
White House Hotel Amarsanaagiin Street US$ 60- 120

 

Selezione di Guest House:

Gana’s Guest House US$ 5-10
Zaya’s Guest House US$ 3-5

 

L’equipaggiamento deve essere adeguato alle zone e al periodo in cui si vuole viaggiare. Meglio limitarsi all’essenziale, sia per evitare di portarsi dietro per centinaia di kilometri un ingombrante fardello sia perché le compagnie aeree applicano costose maggiorazioni per ogni kilo di sovrappeso del vostro bagaglio. Potrete comunque acquistare tutto ciò di cui avete bisogno anche a Ulaan Baatar, in particolare nel centralissimo State Department Store (i prezzi sono come quelli italiani).

In via di massima è consigliabile avere con sé:

  • due soli capi di vestiario, compreso ciò che indossate
  • un paio di scarponcini leggeri
  • una calzamaglia o una maglia termica
  • una giacca a vento pesante
  • un cappello dotato di paraorecchie
  • un paio di guanti
  • le medicine personali
  • pantaloncini da ciclista per eventuali cavalcate
  • occhiali da sole scuri

FOTOGRAFIE
I mongoli adorano le fotografie e, se chiedete loro generalmente non rifiutano di posare, ma si aspettano di vedere l’ immagine subito se avete una macchina digitale. Nei musei e nei monasteri in genere è vietato fotografare o filmare, ma in certi casi si può ottenere un permesso a pagamento.

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