La letteratura georgiana è fortemente influenzata dalla storia e dalle vicissitudini del paese. In particolare modo, nei tempi più recenti, la venerazione di Stalin generò una serie di opere indirizzate esclusivamente alla divulgazione. Tra i vari testi del periodo troviamo il romanzo “L’alba della Colchide” di Lordkipanidze e i versi “Il capitano Bukhandze” di Abashidze. Durante la seconda metà degli anni ’50 si verificò lo sviluppo del romanzo, grazie agli autori Gamsakhurdiya (“Il fiorire del tralcio”) e Giaparidze (“La vedova del soldato”).
Secondo la leggenda, nel momento in cui Dio attribuì alle varie popolazioni le terre, i georgiani erano impegnati a festeggiare Dio. Per questo, quando si presentarono, Dio li avvertì che le terre a disposizione erano finite, ma loro lo invitarono ad unirsi ai festeggiamenti. Dio si divertì a tal punto che consegnò ai Georgiani la terra che aveva riservato per sé. Le più importanti fiabe georgiane sono state raccolte nella raccolta Xalkhuri zghaprebi (1909) da T. Razikašvili. Il testo è stato tradotto in inglese (Georgian folk-tales, M. S. Wardrop, Londra, 1894), austriaco (Kaukasische Forsch, R. Bleichsteiner, 1ª parte, Vienna, 1919) e tedesco (Kaukasische Märchen, A. Dirr, Jenna, 1922).
Proverbi georgiani
“L’uomo fortunato perde la moglie, l’uomo sfortunato perde il cavallo”.
“Se le mogli fossero buone, Dio ne avrebbe una”.
“Un uomo vive finché è vivo nel ricordo di quelli che l’hanno conosciuto”.
“Furono donati gli occhi a un cieco: subito chiese di avere anche le sopracciglia”.
Nella penisola malese, punto di passaggio obbligato dei commerci terrestri tra il golfo del Bengala, quello del Siam e il mar Cinese meridionale, nel II secolo d.C., si costituirono i primi regni indigeni. Solo nel XV secolo, con la fondazione del porto di Malacca e con la penetrazione portoghese, iniziò lo sviluppo economico della Malesia […]