Comportamenti e curiosità del Tibet

Comportamenti:
Quando si parla con i tibetani, aggiungere sempre “La” dopo il nome di una persona per mostrarle rispetto; rivolgersi ad un grande lama con il termine “Rimpoche” e ad un lama comune con “Geshe La”.
Presentare in dono un hada è una pratica comune tra i tibetani per esprimere i propri auguri in diverse occasioni, ma è anche un simbolo tradizionale di rispetto ed ospitalità, molto apprezzato da chi lo riceve. L’hada bianco è un foulard di seta lungo e stretto, che rappresenta purezza e fortuna.
Quando si è ospiti di una famiglia tibetana, usualmente viene proposto un brindisi con un tipo di birra molto forte. Bisogna sorseggiarla tre volte prima di finire il bicchiere. E’ anche un’usanza quotidiana quella di intrattenere gli ospiti con un tè. L’ospite non dovrebbe rifiutarlo, ma per educazione bisognerebbe sorseggiarlo almeno tre volte prima di lasciarlo. Se invece si intende finirlo, allora è buon costume berlo lentamente e lasciarne un goccio sul fondo. Un tipo di tè tipico è quello al burro.
Quando si entra in un monastero tibetano occorre ricordare alcune regole comuni. Camminare sempre in senso orario attorno ai santuari, alle pietre Mani, alle ruote delle preghiere ed ai templi. Al contrario, se si visita un monastero Bon, bisogna camminare in senso anti-orario. Nonostante i monaci si tolgano le scarpe prima di entrare in una camera, è accettabile continuarle a portare. E’ possibile anche entrare nei monasteri durante le preghiere, rimanendo in fondo o sedendosi ed evitando comunque risate e conversazioni irriverenti.
Bisogna invece evitare i seguenti comportamenti:
  • fumare, bere alcolici o fare troppo chiasso all’interno dei monasteri
  • sedersi o camminare sopra e toccare testi sacri, oggetti vari e bandiere di preghiera all’interno dei monasteri
  • uccidere un animale all’interno di un monastero
  • fare fotografie intrusive dei monasteri, soprattutto quando sono in corso cerimonie religiose. Chiedere sempre il permesso
  • Far del male ad avvoltoi, yak o pecore indossando vestiti rossi, gialli o verdi
  • Calpestare la soglia nell’entrare in una casa tibetana
  • Sputare davanti a qualcuno
  • Buttare la spazzatura nel fuoco
  • Dimostrazioni d’affetto in pubblico
  • Indossare pantaloncini

 

Curiosità:
Sky Burial: i rituali di cremazione e sepoltura all’interno di templi sono riservati agli alti lama che vengono così onorati nella morte. Lo sky burial è invece il rituale tipico usato per la gente comune, esclusi i minori di 18 anni, le donne in attesa e coloro che muoiono per malattie infettive o incidente. Nonostante la sua origine rimanga avvolta nel mistero, questa cerimonia è carica di significati religiosi.
I tibetani considerano il corpo niente di più che un recipiente vuoto. L’anima del deceduta sopravvive invece al corpo, per reincarnarsi poi in altri cicli di vita. Il corpo è dunque offerto agli avvoltoi, in quanto si crede che questi animali siano in realtà Dakinis (danzatori del cielo), gli equivalenti tibetani degli angeli. I Dakinis trasportano l’anima fino ai cieli, che sono il luogo ventoso in cui gli spiriti aspettano la reincarnazione. Questa donazione del corpo umano agli avvoltoi è considerato un gesto virtuoso in quanto salva la vita ai piccoli animali destinati ad essere il pasto alternativo degli avvoltoi stessi.
Dopo la morte, i deceduti sono quindi lasciati intatti per tre giorni, mentre i monaci eseguono litanie. Poi, prima del rito dello sky burial, il corpo è pulito, avvolto in vesti bianche e disposto in posizione fetale, per creare un’unione simbolica con il momento della nascita.
Il rito vero e proprio inizia solitamente prima dell’alba, quando un gruppo di lama si avvia in una processione rituale verso l’ossario, cantando per guidarvi l’anima. Dopo le litanie, il corpo è preparato per essere mangiato dagli avvoltoi. Per assicurare l’ascesa dello spirito, il corpo dev’essere consumato per intero.
Solo i partecipanti al funerale possono prendere parte a questo rituale e, mentre i tibetani sono incoraggiati ad assistervi per confrontarsi apertamente con la morte e cogliere la caducità della vita, agli stranieri non è permesso di presenziare alla stessa.
Bandiere delle preghiere: le lunghe file di bandierine degli Elementi sono preghiere che vento, sole e pioggia leggono fino a scolorirne la tela, disseminando così il mondo dei loro buoni pensieri. Ovunque sventolino, le tradizionali bandiere tibetane creano dunque un’atmosfera di pace, serenità e speranza. Sin dall’XI° secolo in Tibet, esse vengono esposte davanti a templi, nei luoghi sacri, agli incroci, sui ponti, sui tetti, sulle sommità delle montagne e in qualsiasi luogo all’aria aperta, dove le preghiere possano incontrare il vento.
Le bandiere di preghiera sono stampate su tessuto di cinque colori: il giallo per la terra; il verde per l’acqua; il rosso per il fuoco; il bianco per lo spazio infinito ed il blu per l’aria e il cielo; vengono poste sempre in questo ordine e raggruppate in multipli di cinque. Il cavallo del vento, rappresentato al centro, simboleggia la direzione e la velocità con la quale i desideri vengono trasmessi. Nella parte superiore sono invece stampati antichi Mantra tradotti in tibetano dal sanscrito, che dirigono la forza spirituale emessa dalle persone e dall’ambiente circostante.
Poiché contengono testi e simboli sacri, le bandiere di preghiera devono essere trattate con rispetto. Non possono essere appoggiate per terra o gettate nei rifiuti e le vecchie bandiere devono venir bruciate, affinché il fumo possa trasportare la loro benedizione in cielo.
Il periodo più propizio per appendere le bandiere di preghiera al vento è in corrispondenza del Losar, il capodanno tibetano, oppure in giorni di luna piena.
Ruota delle preghiere: anche dette chokhor (ruote della legge), costituiscono uno strumento di preghiera buddista esclusivamente tibetano per la crescita spirituale e la guarigione, che porta sempre incisa l’iscrizione mistica “OM MANI PADME HUNG”.
Le ruote di tipo portatile sono anche dette mulini della preghiera e sono delle ruote cilindriche con un coperchio removibile che nasconde una cavità entro cui è attorcigliata una striscia di carta di riso su cui sono scritti antichi Mantra (invocazioni al Buddha). Quando la ruota gira, la preghiera che porta al suo interno si sbriciola nell’aria e il vento la trasporta in tutto il mondo verso le dieci direzioni.
Si crede che ad ogni rotazione del mulinetto corrisponda una recitazione del mantra, per cui questa pratica religiosa permette di accumulare meriti e generare un buon Karma per la vita successiva. Le persone fanno girare la ruota di giorno e di notte, mentre conversano o riposano, in pratica ogni volta che hanno le mani libere, mormorando il mantra. I Buddisti la girano in senso orario, i seguaci di Bon in senso antiorario.
Esistono però ruote di preghiera di diverso tipo e dimensione e non tutte sono portatili. Attorno ai luoghi sacri e agli ingressi dei paesi sono collocate file di ruote più grandi, poste su supporti di legno a beneficio dei pellegrini e dei viandanti. Esse sono costruite per ricevere influssi positivi dall’acqua che scorre, dalla luce delle fiamme e dal soffio del vento che le muovono, e per poter poi trasmettere questo karma positivo a chiunque le faccia ruotare.

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