Basata su un’economia essenzialmente agricola fino alla divisione dalla Corea del Nord nel 1948, negli ultimi decenni la Corea ha conosciuto il fiorire di un vero e proprio miracolo economico, grazie ad un attenta azione di modernizzazione iniziata negli anni ‘60 ed una politica di bassi salari e di scarsa protezione sociale, che consentirono all’industria sudcoreana di farsi strada nei mercati internazionali (basti ricordare la presenza di colossi quali Daewoo e Hyundai nel campo delle autovetture, così come Samsung e LG nel campo dell’elettronica e dei computer).
Questa crescita presentava però anche dei lati negativi e la crisi finanziaria asiatica, alla fine degli anni ’90, toccò anche la Sud Corea, portando alla luce una serie di gravi carenza strutturali. L’impennata dei debiti divenne una sua grande debolezza e alcune gravi bancherotte costrinsero le banche a rendere più rigide le loro politiche di prestito. La conseguente scarsità di capitale aggravò la situazione già critica del settore privato, causando nuove bancherotte. In più, la perdita di fiducia, portò gli investitori stranieri a smobilizzare i capitali dalla Sud Corea. Il Paese, per evitare il collasso economico totale, fu costretto a richiedere un prestito d’emergenza al Fondo Monetario Internazionale. Solo in questo modo è riuscito a risanare la sua situazione ed ora si presenta come uno dei più attivi paesi di nuova industrializzazione.
Il settore agricolo è andato sviluppandosi e meccanizzandosi di pari passo con lo sviluppo industriale. Il settore primario fornisce il 3,2% del PIL annuo, impiegando l’8% (2005) della forza lavoro. La superficie coltivata è pari al 16,6% del territorio ed è in gran parte destinata (più del 50%) alla coltura del riso. Si coltivano inoltre: cereali, soia, patate, ortaggi, frutta, cotone, tabacco e ginseng. L’allevamento, soprattutto di bovini e suini, è discretamente sviluppato e riveste una certa importanza la bachicoltura. E’ fiorente inoltre l’industria della pesca, e la Corea del Sud è una delle nazioni leader nel settore. I porti di Ulsan e
Masan sono specializzati nella pesca d’altura e sono dotati di impianti per la lavorazione del pesce. Il paese non dispone invece di particolari risorse minerarie.
Lo sviluppo industriale sudcoreano ha riguardato agli inizi soprattutto l’industria leggera (tessile e alimentare). A partire dagli anni Settanta, con lo scopo di ridurre le importazioni, il Paese ha iniziato a puntare sull’industria pesante, con grave pregiudizio per l’ambiente. Ampiamente sviluppati sono il settore dell’elettronica e quello della raffinazione del petrolio. Il comparto industriale fornisce il 39,6% del PIL annuo, impiegando il 27% (2005) della forza lavoro. L’energia elettrica prodotta nel paese copre solo il 20% del fabbisogno nazionale. L’economia nazionale è stata a lungo dominata dai “chaebol”, gigantesche imprese economiche (come la Samsung e la Hyundai) che monopolizzano i mercati a scapito delle piccole e medie aziende; essi sono stati tuttavia il bersaglio delle recenti riforme legislative, tendenti a limitarne il potere.
Il settore dei servizi impiega circa il 65% della forza lavoro e contribuisce al 62% del PIL annuo. Le maggiori risorse arrivano dai servizi finanziari, dal turismo e dal commercio al dettaglio. Il turismo è in continua crescita dal 1970. Nel 2002, in occasione dei Mondiali di Calcio, ospitati da Corea del Sud e Giappone, il Paese ospitò più di 5 milioni di visitatori ed ebbe una grande visibilità internazionale. I dati di quell’anno indicano che il 43% dei turisti provenivano dal Giappone e un’altra importante percentuale dalla Cina.
I principali partner economici del Paese sono Cina, Unione Europea, Giappone, Arabia Saudita e Stati Uniti. Le importazioni maggiori riguardano olio greggio, cibo, macchinari e accessori per i trasporti, prodotti chimici e metalli. Sono invece esportati in prevalenza semiconduttori, accessori di telecomunicazione senza fili, veicoli a motore, computer, acciaio, petrolio e tessili.