Le città del Tibet

Lhasa

Capitale della regione autonoma del Tibet, Lhasa è un piccolo centro di soli 60.000 abitanti situato ad un’altitudine di circa 5.000 metri ed a ridosso di un gigantesco altopiano ai piedi dell’imponente Himalaya. Definita “la terra degli Dei”, Lhasa è un recinto sacro ricco di monasteri e luoghi di culto, meta di numerosi pellegrinaggi.
Il monastero più antico della città è il Jokhang, la cattedrale del buddismo tibetano, epicentro della vita sociale e spirituale del Paese. Situato nel centro della vecchia Lhasa, questo tempio risalente al VII° secolo, è un complesso architettonico che toglie il fiato per la sua bellezza, con i bellissimi tetti dorati ed i manufatti conservati al suo interno. Esso è circondato dalla famosa Barkhor Street, una via che, secondo la leggenda, fu creata dal calpestio di migliaia di fedeli in processione verso il tempio. L’atmosfera medievale e la grande folla, gli artisti di strada, le antiche case dei nobili feudali, le bancarelle che vendono di tutto, dalle bandierine per le preghiere ai teschi di yak tempestati di pietre preziose, e i fedeli che battono la fronte contro il terreno a ogni passo, sono una miscela esotica cui pochi visitatori sanno resistere.
Un’altra rara meraviglia architettonica altamente simbolica, che giace assopita a nord-ovest della città, è il Potala , antica residenza, palazzo, fortezza e monastero del Dalai Lama. Costruito dal re Songtsan Gampo nel VII° sec. d.C., è collocato in una posizione da cui domina il profilo di Lhasa ed è visibile da tutti gli angoli della città, con le sue altissime mura rosse (117 m), le guglie ed i tetti ricoperti di lamine d’oro. Magnifica fortezza, quasi sospesa nel cielo, questa struttura è sicuramente un esempio eccelso della cultura e dell’architettura tibetana. E’ divisa in due palazzi principali (il Palazzo Rosso ed il Palazzo Bianco) ed ospita al suo interno più di mille stanze riccamente adornate, le tombe dei Dalai Lama (alcune molto stravaganti nelle loro decorazioni con diamanti, perle, coralli…), colorate sculture buddiste, preziosi regali degli imperatori cinesi e molte altre antichità di valore inestimabile.
Non bisogna poi perdersi i “Tre Grandi Monasteri” del Tibet:
  • il monastero di Sera, fondato nel 1419 da Jamchen Chojey, ha una struttura imponente, pittoresca nel suo disordine architettonico e splendida in argento ed oro. Questo monastero è famoso tra i tibetani in quanto luogo di dibattito sulla dottrina buddista e perché qui i monaci riproducevano i testi sacri. Il monastero si chiama Sera (che in tibetano significa rosa selvatica) in quanto, al momento della sua costruzione, la collina su cui giace era coperta da una distesa di rose in fiore.
  • Monastero di Deprung: si trova una decina di chilometri fuori della città ai piedi del monte Ganpoi Uze ed è il più grande monastero di tutto il Tibet, occupando un’area di ben 250.000 m2. Fu fondato nel 1416 e, nel periodo di suo massimo splendore, ospitava più di 10.000 monaci dell’ordine Gelugpa (berretti gialli), governava su 700 monasteri sussidiari e possedeva vaste proprietà. Il luogo rimane oggi in quanto vi è conservata la migliore collezione di statue e oggetti sacri antichi del Tibet, tra cui una gigantesca statua di Buddha scolpita nella roccia.
  • Monastero Gandhal: è situato 45 km a est di Lhasa e, visto da lontano, assomiglia ad un nido d’aquila. Fu costruito nel 1409 dal grande monaco Tsongkhapa e per molti secoli rimase uno dei principali centri dell’ordine Gelugpa, fino a quando le Guardie rosse lo rasero al suolo durante la Rivoluzione Culturale. Oggi, dell’originario complesso monastico che ospitava 6.000 monaci, i tibetani sono riusciti a ricostruire solo alcuni edifici e sale di meditazione.

 

Gyantse

Cittadina posta a 4.000 m di altitudine, Gyantse deve il suo fascino al fatto di essere la città più genuinamente tibetana del Paese, grazie ad uno scarso insediamento cinese. Posta storicamente lungo la rotta carovaniera verso il Bhutan e il Sikkim e centro del dominio inglese in Tibet nel primissimo novecento, Gyantse è dominata da un forte che gli stessi inglesi consideravano tra le roccaforti più difficili da espugnare in Asia centrale.
Il maggiore punto d’interesse della città è il Monastero Palkhor Chode, il cui ruolo è unico nel buddismo tibetano in quanto ne rappresenta contemporaneamente tutte e tre le sette: Gelugpa, Sakkyapa e Bhuton. Risalente al 1418, un tempo ospitava un migliaio di monaci e comprendeva, all’interno delle mura che ancora lo circondano, un’intera cittadina. Delle numerose costruzioni (di cui si ha testimonianza dalle fotografie precedenti all’occupazione cinese) sono sopravvissute due lamaserie, il Kumbum e due templi, all’interno dei quali si possono ammirare le statue laccate di 84 santi in posizione yogica e una superba collezione di 15 mandala murali.
Il Kumbum è il chorten più grande del Tibet e fu costruito nel 1427 da un principe di Gyantse, seguendo un disegno raffigurante un mandala. Conta su quattro serie sovrapposte di cappelle, sormontate da una cupola d’oro risalente al 1440 circa, per un totale di 73 camere affrescate da ben 27.000 figure dell’iconografia buddista. Articolato su 9 livelli, il Kumbum va visitato percorrendo i vari piani in senso orario e scoprendo i passaggi ai piani superiori all’interno delle cappelle: i pellegrini lo percorrono in meditazione, proseguendo verso la cima sovrastata dagli occhi del Buddha.
Infine il Dzong (il Forte) è una rocca del XIV° secolo che torreggia sopra Gyantse, offrendo una stupenda vista sulla valle. Teatro nel 1905 della resistenza armata tibetana contro la spedizione punitiva dell’esercito inglese, ne uscì parzialmente distrutta e fu ulteriormente danneggiata durante la Rivoluzione Culturale negli anni ’60, per cui oggi si presenta come scenografica rovina dell’antico forte.

Shigatse

Seconda città del Tibet, posta a 3900 m. d’altitudine, Shigatse ha acquisito la sua importanza come feudo dei Panchen Lama, considerati la seconda autorità religiosa e civile del Tibet e responsabili del monastero di Tashilumpo. La città ha subito storicamente una forte influenza cinese, chiaramente visibile dallo stile dei suoi edifici, ma grazie al fatto che il Panchen Lama non fosse fuggito in India con il Dalai Lama, può contare su di un monastero che ha resistito ottimamente preservato fino ai giorni nostri, anche durante gli anni della Rivoluzione Culturale.
La città monastica di Tashilunpo può essere dunque considerata come la più interessante e attiva di tutto il Tibet, in quanto ospita al suo interno la comunità più numerosa di monaci del Paese (oltre 800). Il monastero, fondato nel 1447, preserva al suo interno sei stupendi templi dai tetti dorati e numerose cappelle e cortili dove si svolgono ancora funzioni religiose e dibattiti filosofici. Merita una nota la bella cappella del Buddha del Futuro Maitreya, che ospita una statua buddista di bronzo, alta 26 metri e pesante 275kg, fatta di oro e grandi quantità di materiale prezioso, come ad esempio perle, coralli, ambre.

 

Tsebang

La città di Tsedang è un posto carino e tranquillo dove, secondo la tradizione popolare, sarebbe nato il popolo tibetano. Quella che attrae di questa antica città sono però alcuni templi che le sorgono vicini, fra i più antichi del Tibet:
  • Monastero di Samye, primo monastero fondato nel 779 da Trisong Detsen, che da qui dichiarò il buddismo come religione di stato. La sua struttura architettonica intendeva rappresentare l’universo e ciascuno dei templi e delle pagode corrispondeva a un punto cardinale, al sole ed alla luna. La sua particolarità consiste però nel fatto che ogni piano è costruito secondo una tradizione e uno stile differente (tibetano, indiano e cinese) a testimonianza delle diverse culture che hanno influenzato questa terra
  • Trandruk fondato da Songtsen Gampo nel VII° sec. Al secondo piano di questo monastero é conservato un prezioso thangka realizzato con 30.000 perle a cui é legata un’antica leggenda: un monaco ritornò dall’India con una statua di rame raffigurante Buddha questa aveva il dono della parola. All’arrivo, la statuina, vedendo la regina si sorprese e le disse che era molto bella, essa pensò allora di ringraziarla adornandola con dell’oro. La statuina si stupì tanto del gesto che perse la parola. La regina mortificata pensò che il silenzio fosse un rimprovero, si tolse la corona e usò le perle incastonate per far realizzare questo pregiato thangka. Durante i secoli il monastero subì forti trasformazioni ed ampliamenti, ma fu gravemente danneggiato durante la rivoluzione culturale e ricostruito solo nel 1988.
  • lo Yumbu Lhakhang risalente al II sec. a.C. e dichiarato la prima casa tibetana, che ospitò il primo re tibetano Nyatri Tsenpo La sua torre, alta circa 11 metri, caratterizza l’edificio dandogli l’aspetto di fortezza.

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