Storia Bhutanese

Il nome Bhutan potrebbe derivare dal sanscrito Bhotant e significare “fine del Tibet” o da Bhu Uttan, che significa “terra alta”; storicamente, la popolazione del Paese si riferisce invece alla propria terra con la denominazione di Druk Yul, ovvero “terra del dragone del tuono”, dal momento che la tradizione vuole che il tuono sia il ruggito dei draghi cinesi (creatura che decora anche la bandiera nazionale).
Nonostante si pensi che il Bhutan fu abitato già nel 2000 a.C., la storia bhutanese inizia nel 600 con la venuta del re tibetano Sogsten Gampo. La diffuzione del buddismo dovrebbe invece essere iniziata intorno al II°sec., anche se tradizionalmente si fanno risalire le sue radici alla visita nell’VIII sec. del Guru Rinpoche, un mistico tantrico, considerato alla stregua di un secondo Buddha. Fino al XVI° sec. numerosi clan e famiglie nobili vivevano nelle diverse valli del Paese, impegnati in continue lotte interne e con il Tibet. Il 1616 vide l’arrivo di Shabdrung Ngawang Namgyal, un monaco tibetano della scuola buddhista Drupa Kagyu, che si auto-proclamò capo religioso del Paese, respinse i tibetani e trasformò le valli meridionali in uno Stato unificato chiamato Druk Yul. Nacque così il Bhutan attuale, ma sebbene il sistema politico così instaurato rimase in vigore fino agli inizi del XX° sec., alla morte di Shabdrung, nel 1705, seguirono duecento anni di alta instabilità politica, che terminò soltanto con l’avvento di Ugyen Wangchuck, eletto nel 1907 primo re del Bhutan. Iniziò così la dinastia Wangchuck. Nel 1947 il Bhutan ha ottenuto l’indipendenza ed è stato riconosciuto dall’India come Stato monarchico. Jigme Dorje Wangchuck è considerato dalla popolazione il re più importante, in quanto diede l’avvio ad un piano di sviluppo del Paese che continua tuttora, grazie al re Jigme Singye Wangchuck. Quest’ultimo ha infatto implementato la politica di lenta modernizzazione del Paese, con particolare attenzione però alla preservazione della cultura del Bhutan. Tra i suoi ideali ritroviamo quello di un’economia autonoma e fiduciosa in sé stessa e del “Gross National Happiness” (la Felicità Nazionale Lorda è ritenuta dal re di gran lunga più importante del Prodotto Interno Lordo; non si deve perciò raggiungere la crescita economica a spese della qualità della vita). La sua incoronazione nel 1974 segnò anche la prima volta in cui i media internazionali furono ammessi nel Paese e dunque la fine dell’isolamento dello stesso dal panorama internazionale. Il primo gruppo di turisti approdò nel Bhutan quello stesso anno. Tra le più grandi riforme politiche apportate da questo re, nel 1998 egli sciolse il Concilio dei Ministri a annunciò che i ministri, formalmente nominati da lui, dovevano essere eletti con libere elezioni. Cedette dunque parte dei suoi poteri per formare un governo. Nel 1999 sono stati poi introdotti nel Paese la televisione ed internet.
Nel 2005 è stato ufficializzato il progetto di una Carta Costituzionale del Bhutan e nel 2006 Jigme Singye Wangchuck ha abdicato a favore del figlio. Nel 2008 hanno avuto luogo le prime elezioni legislative, con la trasformazione del Paese in una monarchia parlamentale. Curiose sono le circostanza dell’elezione dei senatori: la loro età media è infatti di 25 anni, visto che in Bhutan solo le ultime generazioni hanno iniziato a frequentare l’università. Uno dei problemi più scottanti della politica bhutanese attuale è la questione dei profughi nepalesi. Tra il 1960 e il 1970, migliaia di nepalesi si erano stabiliti in Bhutan attirati da contratti di lavoro per costruire nuovi insediamenti nel sud del paese. Ma l’alta prolificità di questa comunità di lavoratori nepalesi – i quali richiedevano un riconoscimento e un particolare status politico, minacciando così di sovvertire l’ordine interno del paese che definivano non democratico – mise in allarme i bhutanesi del nord, facendoli sentire quasi una minoranza. Alla fine degli anni ’80, una legge sui diritti di cittadinanza diede l’avvio a una sorta di epurazione che colpì i nepalesi. Il governo stabilì infatti che la popolazione di origine nepalese avrebbe ottenuto la cittadinanza solamente se fosse riuscita a dimostrare di essere in possesso di una ‘land tax receipt’, un documento che attestava una proprietà terriera antecedente il 1958. Di conseguenza circa centomila cittadini bhutano-nepalesi (del gruppo etnico dei Lhotshampas) furono costretti all’esilio e vivono oggi nell’est del Nepal dove, essendo per l’appunto rifugiati, non sono riconosciuti dal governo nepalese e non godono di alcun diritto. Pertanto essi vivono solo sotto la protezione dell’Acnur (Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite). Purtroppo si tratta di una crisi che in quindici negoziati successivi tra Nepal e Bhutan non ha trovato ancora soluzioni. Dalla costituzione ci si aspettava un tentativo di superare questo problema umanitario, ma dalla bozza non si evince nessun impegno in questo senso.

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