Fino a metà del XX secolo, l’economia mongola si basava sullo yak, pecore, cammelli o l’artigianato dei monaci. L’allevamento del bestiame (equini, ovini, bovini e cammelli) è sicuramente la fonte di ricchezza più rilevante, mentre l’agricoltura è abbastanza recente. In seguito, si sono sviluppate anche le prime fabbriche per la lavorazione della lana e del legno, grazie anche all’aiuto, negli anni ’80, dell’Unione Sovietica. Ciò costituì un vero e proprio boom economico per la Mongolia con più di 500 dollari di reddito pro capite, anche se l’economia rimane fragile. Tanto che al crollo dell’impero sovietico, la Mongolia si ritrovò di nuovo senza risorse. Il sottosuolo della Mongolia è ricco di oro e tungsteno ma mancano ancora le infrastrutture per poter sfruttare i giacimenti. Il carbone viene interamente utilizzato per l’energia interna.
Nel 1991 il governo avvia la privatizzazione, distribuendo fabbriche, terre e allevamenti alla popolazione. Negli ultimi anni è stato inoltre avviato un processo, seppur ridotto, di import-export (cachemire e pelli che costituiscono il 20% dell’intera produzione economica), soprattutto con Cina e Siberia. Sta prendendo piede anche il turismo: giapponesi, sudcoreani, statunitensi, francesi sono i visitatori più assidui e si concentrano soprattutto durante il Naadam, che corrisponde anche al periodo più piacevole dal punto di vista del clima.
Il reddito procapite è di circa 2.000 dollari (stimato al 2006) e, come il PIL, si mantiene in crescita stabile dal 2002 nonostante una lieve flessione dal 2005. Un problema del paese rimane il forte deficit commerciale. L’enorme debito estero con la Russia (originariamente di 11 miliardi di dollari) viene tuttavia estinto nel 2004, con un pagamento di circa 250 milioni di dollari come ricompensa per i danni economico-ambientali dovuti all’influenza sovietica. Nel 1997, la Mongolia ha aderito all’Organizzazione mondiale del Commercio ed esporta oggi cashmere, minerali e generi alimentari principalmente verso Russia, Stati Uniti Cina, Giappone e Italia.
Formalità valutarie
Secondo notizie giornalistiche (non confermate), all’ingresso nel Paese sarebbero previste nuove restrizioni per l’importazione di valuta straniera (somme superiori ai 2000 USD). In ogni caso non e’ consentito uscire dal Paese con una somma superiore a quella dichiarata in entrata.
Il dollaro statunitense e’ la valuta straniera preferita, accettato talvolta nella capitale anche per piccole transazioni commerciali. Le carte di credito hanno una diffusione molto limitata (grandi alberghi e alcuni ristoranti e negozi), e addirittura sono quasi del tutto sconosciute al di fuori della capitale.
MONETE E CAMBIO
La quasi totalità della popolazione è composta da genti austronesiane (melanesiani, polinesiani) che parlano vari dialetti, il più diffuso dei quali è chiamato tetum ed è una delle lingue ufficiali del Paese (l’altra è il portoghese). Sono inoltre presenti gruppi di origini papuane e una piccola comunità di cinesi. Negli anni del conflitto circa 250.000 […]