I primi insediamenti conosciuti dell’Oman datano al terzo millennio a.C. In quell’epoca un impero noto come Magan si sviluppò lungo la costa settentrionale del paese, grazie ai ricchi giacimenti di rame scoperti nelle colline circostanti. Verso il 563 a.C. la parte settentrionale dell’Oman fu inglobata nell’impero dei persiani achemenidi. Il sud conobbe invece un grande sviluppo dovuto agli alberi dell’incenso che vi crescevano: questa gomma aromatica fu, infatti, la fonte delle ricchezze dell’Arabia fino al VI secolo d.C.
I portoghesi occuparono l’Oman per oltre un secolo, dal 1506 fino a quando furono espulsi dall’imam, il sultano ibn Sayf, nel 1650. Questa vittoria segnò l’inizio di una grande espansione e nel suo periodo di massimo splendore, raggiunto nell’Ottocento con il sultano Sa’id II ibn Sultan, il paese estendeva la sua influenza anche su Mombasa e Zanzibar.
Nel 1938 salì al trono il nuovo sultano, Sa’id III ibn Taimur, che riuscì a ottenere il pieno controllo dell’entroterra soltanto nel 1959 e riportò il paese in una situazione anacronistica e medievale, scatenando la ribellione dei nazionalisti.
Nel 1970 l’avido Sa’id fu spodestato dal suo unico figlio, Qabus ibn Sa’id Al’bu Sa’idi, con un incruento colpo di stato con l’aiuto degli ufficiali britannici a capo dell’esercito omanita.
Il sultano Qabus ibn Sa’id s’impegnò subito nella modernizzazione dell’economia semi-feudale del paese, abrogando le oppressive restrizioni sociali imposte dal padre. Gli introiti dei giacimenti petroliferi dell’Oman, relativamente modesti, furono impiegati nella costruzione di strade, ospedali e scuole, infrastrutture che erano state fino a quel momento assai scarse.
Negli ultimi anni, il sultanato ha continuato a seguire la via delle riforme, all’insegna della democratizzazione in campo politico e delle riforme strutturali in quello economico. Le linee guida sono l’apertura all’esterno e gli investimenti alternativi all’industria del petrolio.
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