Jarty-gulok e la pioggia d’oro (Jarty-gulok rappresenta il nostro pollicino)
Jarty-gulok tornava dal villaggio vicino. La strada era lunga e il bambino si stancò. D’un tratto vide un cavallo, che brucava l’erba secca, e un giovane cavaliere che stava aggiustando la sella allentatasi. “Andrà anche lui al villaggio – pensò – Dove ci sta uno, ce ne possono stare due!”. Il piccolo si arrampicò lungo la coda del cavallo e si sistemò sulla groppa del destriero. Il giovane non si accorse di nulla, saltò in sella e spronò il cavallo. Ma Jarty-gulok capì presto che il cavaliere non stava galoppando verso il suo villaggio, ma verso le sabbie del deserto.
“Ehi, ehi! – gridò Jarty-gulok – Dove corri?”
Il cavaliere sulle prime si spaventò e fermò immediatamente il cavallo, ma vide il bambino e lo riconobbe:
“Ah, sei tu, piccino! Scendi dal cavallo, non puoi venire con me. Ho dato la mia parola di evitare ogni uomo finché non avrò portato il mio dolore nelle sabbie.”
“E qual è la tua pena?” chiese Jarty-gulok.
“Amo la bellissima Gul-Assal, serva del ricco avaro Kara-bek. Ma egli mi darà il consenso alle nozze soltanto se gli pago un riscatto di mille tangà. Io sono povero e non avrò mai tanto denaro!”
Jarty-gulok rimase pensieroso e poi disse: “Se nel villaggio c’è un ricco, le pene non sono solo tue.”
“Hai ragione! – disse il cavaliere – Nel nostro villaggio, di dolore ce n’è abbastanza per tutti.”
“E allora volta indietro il cavallo, raccoglieremo tutto il dolore del villaggio e tu lo porterai nel deserto.”
Non avevano torto, gli abitanti del villaggio era molto poveri. Già vicino alla prima casa incontrarono una vecchia aggobbita: “Il mio dolore è grande, – disse la vecchia – non sono riuscita a pagare il debito all’avaro Kara-bek e lui ha preso la mia ultima pecora”.
Da un altro cortile uscì un bimbo vestito di stracci: “Lo strozzino Kara-bek ci ha portato via tutto quel che avevamo in casa”.
“Siate sereni, vedrete che faremo i conti con lui!” disse Jarty-gulok. E spiegò al cavaliere il suo piano. Tutti sapevano che ogni mattina Kara-bek scendeva in cantina, accendeva un lume e cominciava a contare le monete, svuotando e riempiendo i bauli dove sistemava l’oro. Come sempre, anche quella mattina si mise a contare le monete, ma appena rimise il sacchetto nel baule, sentì un rumore. Dalla sua tana uscì un topolino che squittì:
“Ehi, Kara-bek! Da quando nel deserto c’è stata quella pioggia d’oro tutto questo metallo non ha più alcun valore!”
L’avaraccio gli tirò una scarpa per cacciarlo.
Dal soffitto scese un ragno che gli sussurrò: “Nel deserto c’è stata una pioggia d’oro e tutti andranno nel deserto ad ammucchiare oro a palate. Non perdere tempo, corri al deserto del Karakum!”
Naturalmente era stato Jarty a parlare al posto del topolino e del ragno.
“Allora, devo fare in fretta, prima degli altri! – si lamentò il riccone – Ma chi mi porterà a Karakum?”
Infatti, l’avaro, per risparmiare, non possedeva cavalli, cammelli o somarelli. Kara-bek corse in strada e si imbatté nel nostro cavaliere (che stava lì ad aspettarlo).
“Portami nel Karakum! – chiese imperioso il riccone – Ti darò in sposa Gul-Assal, ma portami seduta stante nel deserto.”
Il riccone si arrampicò sulla groppa del cavallo e il cavaliere partì. Galopparono tutto il giorno e raggiunsero il Karakum quando il sole stava calando. La sabbia inondata dai raggi del sole al tramonto sembrava d’oro.
“È mio! È tutto mio!” gridò lo strozzino.
Rotolò giù dal cavallo e prese a riempire di sabbia i sacchi, ignorando il cavaliere che poté correre a sposare la sua bella Gus-Assal.
Da allora nessuno ha più sentito parlare di Kara-bek.
Detto turkmeno
Una volta che un serpente ti ha guardato negli occhi sei destinato a morire di lì a poco se non sarai tu il primo a ucciderlo.
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